Ravenna zona rossa per il consumo di suolo secondo ISPRA: “urge un Osservatorio per monitorare il fenomeno”

Legambiente commenta i risultati del nuovo dossier di ISPRA sul consumo di suolo: Ravenna al primo posto per territorio consumato dal 2019 al 2020 in regione e terzo a livello nazionale: “serve applicare con urgenza strumenti che pongano un definitivo stop”.

L’appello alla presente e futura Giunta: “creare un Osservatorio comunale per monitorare il fenomeno.”

 

E’ evidente la progressiva trasformazione del territorio ravennate degli ultimi anni con l’emergere di nuovi cantieri che stanno portando alla progressiva scomparsa della campagna urbana. L’abbiamo visto e lo stiamo vedendo con l’area di via Antica Milizia, con le urbanizzazioni lungo la costa a Lido di Savio, con i cantieri partiti a San Pietro in Vincoli, con la nuova area commerciale a Fornace Zarattini, con il completamento del centro Teodora e con il nuovo possibile cantiere al quartiere San Giuseppe.

Ancora poi abbiamo le logistiche portuali in cui i progetti attualmente previsti porteranno a perdere ulteriori centinaia di ettari di suolo. Tassi insostenibili in un contesto socio-politico in cui la lotta alla crisi climatica deve essere una priorità.

Secondo l’ultimo rapporto ISPRA nel comune di Ravenna sono stati consumati ulteriori 64 ettari di suolo tra il 2019 ed il 2020, ovvero circa 1753 mq al giorno mantenendo il primato regionale in termini di valore assoluto, di suolo consumato. Un tasso in aumento rispetto agli anni precedenti, che non intende arretrare e che pare dimenticare l’obiettivo di consumo di suolo zero al 2050. Sappiamo quali sono le conseguenze: la perdita irreversibile di una risorsa non rinnovabile e maggiore suscettibilità agli effetti dei cambiamenti climatici.

La perdita di territorio per nuove urbanizzazioni è un fenomeno che deve essere urgentemente arginato e per farlo servono strumenti politici efficaci: la nuova legge urbanistica regionale sta tardando nell’applicazione dei limiti, così come la definizione del nuovo strumento urbanistico, il PUG che dovrà necessariamente indicare le opere che rientreranno nel limite del 3% di territorio consumabile.

“Non è più possibile vedere aprire così tanti cantieri sul territorio. E la cosa preoccupante è che sono ancora tanti altri gli ex art.18 (28 sul territorio comunale) che porteranno alla perdita di ulteriore campagna. Vanno fermate le vecchie pianificazioni e riformulate in funzione dei limiti che impone la legge regionale.”

Serve un organismo autonomo costituito da parte civile, parte politica e parte tecnica che faciliti l’analisi di quanto sta accadendo sul territorio ottenendo un quadro complessivo dei progetti in fase di avviamento così da permetterne un’analisi tempestiva a 360° non solo a livello tecnico ed una efficace informazione ai cittadini.

Inoltre, potrebbero aiutare ulteriori risorse agli uffici tecnici comunali affinchè possano svolgere al meglio un adeguato lavoro di pianificazione territoriale in linea con gli obiettivi di consumo di suolo zero.

“Si faccia il possibile per limitare le eredità urbanistiche del passato e per attrezzarsi ed applicare rapidamente strumenti di governo per fermare questo enorme danno che stiamo infliggendo al pianeta ed alle future generazioni”.