Dubbi sull’effettiva sostenibilità del deposito GNL di Pir-Edison

Mettiamo in dubbio l’investimento di 70 milioni di euro per la realizzazione dell’impianto di stoccaggio di 20.000 mc di gas naturale liquefatto a Porto Corsini.

Rispetto alla realizzazione dell’impianto di stoccaggio di 20.000 mc  di gas naturale liquefatto a Porto Corsini, solleviamo perplessità per la realizzazione dello stesso visto gli ingenti volumi immagazzinati, in un’area già ricca di insediamenti industriali.

Pertanto, continuiamo sollecitando che venga nominata una Commissione Terza,  dedicata a  tutti i portatori di interesse tramite loro delegati, che potrà fungere da ” Ulteriore garante” nei confronti della cittadinanza e dei dubbi che qualsiasi opera industriale può comportare specialmente in una realtà che ha visto redarre un piano “ARIPAR” sui Grandi rischi a seguito del grave incidente della MecNavi.

Un piano di cui la cittadinanza debba essere periodicamente aggiornata con informazioni puntuali sui comportamenti da attuare in caso di incidenti rilevanti e sullo stato delle cose, come per esempio: aziende e nuovi impianti che nascono sul territorio ed altre che si trovano nella condizione di chiudere la loro attività. Riteniamo inoltre, che la costruzione dell’impianto non rientri nella concezione di sviluppo sostenibile della città, contrariamente a quanto riportano i sostenitori dell’opera.

Infatti, non ha senso definire l’utilizzo del GNL un valido strumento  per abbattere parte delle  emissioni di autobus e Traghetto di Porto Corsini, quando già oggi in molte città europee, ma anche a Torino ed altre città italiane, vengono acquistati autobus elettrici. Anche in Norvegia, paese del petrolio, i traghetti che collegano le città all’interno dei fiordi, stanno già sperimentando traghetti elettrici.

Da quanto emerge nel report Foot Off the Gas: increased Reliance on Natural Gas in the Power Sector Risks an Emissions Lock-In”, pubblicato da Climate Analytics, NewClimate Institute ed Ecofys, emerge come seppur il gas abbia giocato un ruolo importante nell’abbattere le emissioni di carbonio, non risulti una valida soluzione a lungo termine. Infatti, per mantenere stabile la temperatura media del pianeta non oltre gli 1,5 °C (valore limite definito dall’accordo di Parigi), l’unica soluzione è azzerare le emissioni entro il 2050. Questo sarà possibile solo attraverso l’indirizzamento degli investimenti verso fonti di energia rinnovabile. Infatti, secondo quanto riportato dal “Climate Action Taker” nel 2014, sostituire il gas con altri combustibili, ridurrebbe il riscaldamento globale di soli 0,1°C e quindi di un valore insufficiente a far fronte al problema dei cambiamenti climatici.

Si continua a  leggere nel report, che continuare ad investire in nuove infrastrutture legate all’estrazione, utilizzo e distribuzione del gas, aumenta il cosiddetto “stranded assets” ovvero la dipendenza del sistema economico dalle fonti fossili allungando così il periodo di transizione per tempi insostenibili.

Insomma, vale la pena investire 70 milioni di euro in un’opera ad alto rischio che non risponde ai requisiti di sviluppo sostenibile per il prossimo futuro e che risponderebbe alla domanda occupazionale solo in maniera esigua?